La tranquillità e il piacere di una clementina in bicicletta

Questo 2020 è stato un anno particolare, difficile, duro, strano. Inutile girarci attorno e inutile aggiungere ulteriori aggettivi. Tutti noi ci siamo passati attraverso e ne siamo usciti diversi, provati e anche un po’ cambiati.

Eppure, come tutti i cambiamenti, come tutte le cose che sconvolgono e stravolgono la nostra vita, oltre alle tante difficoltà mi ha lasciato anche la consapevolezza che nulla è più prezioso del tempo di cui disponiamo e di come decidiamo di sfruttarlo.

I soldi certo aiutano, la salute pure e più che mai ora, ma se ci lasciamo sopraffare dalla routine quotidiana, dalla morsa dello stress lavorativo, dalle scadenze che sembrano sempre incombere come una mannaia, tutto passa e nulla cambierà mai in una sorta di revival gattopardesco.

Eccomi quindi in sella all’amata Trinacria, la mia bici da corsa siciliana, una Pinarello gialla e nera modello anteguerra full acciaio, acquistata ormai più di 2 anni fa a Milano e il cui solo trasporto verso la Sicilia meriterebbe un articolo a parte.

E’ una bella giornata di sole in Sicilia, di quelle che ti domandi se davvero sei in Italia o magari alle più blasonate Canarie dove tanti turisti e ciclo amatori spesso si rifugiavano proprio in questo periodo dell’anno.
L’aria è fresca ma il sole appunto è alto, splendente e caldo.
Scendo spensierato dalla contrada a picco sul mare e in un attimo, complice l’umidità del mattino e i lavori sulla strada, mi ritrovo vis-a-vis con una pala di fico d’India.

Mi guarda spaventata, come a chiedermi cosa ci faccio io, Valtellinese rampante, a due cm dai suoi frutti e dalle sue spine. Come dicevo, scendevo lento e rilassato verso il mare, quando tutto ad un tratto, la patina di fanghiglia inghiotte il manto stradale e inizia a farmi perdere aderenza, facendo sbandare la mia bella…
I freni non rispondo e anche se la velocità è quella di un bradipo, non riesco a fermarmi, anzi più freno e più la ruota posteriore si mette di traverso e mi porta verso destra.

Sono fermo, incolume, solo con un po’ di terrà addosso e sulla mia bella. Lei si è fatta anche qualche graffio sulla forcella anteriore, ma poco più, io fortunatamente nulla.

Risalgo in sella e ancor più lentamente percorro il “muro” della contrada. Finalmente sento e vedo il mare vicino, sono sulla costa e per tutta la giornata ho intenzione di non abbandonarla più.

Vista della strada costiera verso Messina, oltre le nuvole

Oggi infatti ho in programma una lunga e lenta pedalata tutta sulla costa, voglio godermi il mare il più possibile, annusarne il profumo, guardare e riguardare le onde e i colori che si formano a riva, dove l’impeto del mare si scontra con la terra.

Pedalo e mi guardo attorno, non ho davvero pensieri in questo momento, solo un po’ di fatica, dato che ultimamente sono uscito poco in bici e quindi sono più arrugginito del solito.
La fatica però fa parte del game, anche oggi che sono fuori esclusivamente per puro piacere.

Pedalo e pedalo e pedalo, cercando di apprezzare tutto quello che mi circonda e gustando appieno questo momento di libertà.
Eccomi a Caronia Marina, dopo aver passato diversi altri paesi costieri, agghindati a festa, con luci, alberi e presepi natalizi.

La costa e il continuo saliscendi mi hanno letteralmente cullato ma ora voglio salire a Caronia, dove sono curioso di passare a dare un occhiata non essendoci mai stato ne in bici ne in auto. Quest’estate la cronaca nera l’ha purtroppo portata alla ribalta anche se già la conoscevo per la fama di un posto dove l’elettricità e presunti fenomeni paranormali fanno accadere cose strane.

Un budello di tornanti che ti proietta proprio sopra il mare

La salita è corta (circa 4km) ma assolutamente suggestiva e tortuosa, inizia subito con un budello di tornanti che ti proietta proprio sopra il mare, lo vedo la sotto mentre salgo lento e affaticato. Non incontro praticamente nessuno se non un corriere che improvvisa una pausa pranzo nella quiete di questo posto che un po’ magico lo è per davvero.
Adoro le salite ma “oggi non ne ho proprio”, sono stanco e appesantito, eppure ho voglia lo stesso di arrivare in cima e fare un giro in paese.

Stringo i denti e sudo ma salgo (abbastanza) costante. Arrivo ad un tornante buio e umido, dove scorgo in lontananza il cartello del Belvedere Cinquegrani. Ci sono quasi. E infatti poco dopo ecco apparire anche il paese che mi accoglie silenzioso più che mai. Due persone attraversano la strada e mi salutano guardandomi come fossi un marziano (ps. devo ricordarmi di comprare un casco decente :D), il bar Las Vegas è un ossimoro vuoto e desolato eppure sono felice e anche Caronia sento che è felice di accogliermi e di portarmi a passeggio nelle sue stradine.

Il “Las Vegas” di Caronia

Faccio un veloce ma suggestivo giro nel centro storico, quindi imbocco di nuovo la strada di prima, questa volta in discesa e mi fermo al belvedere.

Scendo dalla bicicletta e la prima cosa che faccio è quella di prendere dallo zainetto un prezioso tesoro che ho portato con me: due clementine dal profumo e colore inconfondibile. Le appoggio sulla ringhiera vista mare, già le gusto. Sono quei piccoli grandi piaceri di cui non potrei fare a meno e che ogni volta che esco “all’avventura”, apprezzo come non mai e come invece dovrei fare sempre.

Vista dal Belvedere di Caronia con le clementine in primo piano

Musica nella mia mente: Dire straits – telegraph road
Traccia Strava: https://www.strava.com/activities/4508609948

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